IInflazione, rialzi dei tassi, guerre e crisi di vario genere: lo scenario globale è radicalmente cambiato da quando abbiamo pubblicato “Prepararsi al grande cambiamento”, la nostra indagine sull’obbligazionario del 2021.
Secondo la nostra ultima ricerca, se da un lato gli investitori stanno effettivamente adattando i loro portafogli a uno scenario di inflazione e tassi di interesse crescenti nel breve termine, dall’altro lato vi sono tendenze più profonde che stanno modellando lo stato futuro dei portafogli obbligazionari.
Due dei temi chiave di cui abbiamo parlato l’anno scorso rimangono in primo piano. In primo luogo, l’ESG continua a salire tra le priorità degli investitori, che in misura sempre maggiore perseguono l’allineamento all’Accordo di Parigi nell’ambito dell’obbligazionario.
In secondo luogo, l’indicizzazione continua a dimostrare il suo valore. La pressione sulle commissioni e il continuo miglioramento della trasparenza nei mercati obbligazionari sono due fattori che spingono gli investitori ad adottare queste strategie e ad accedere in modo efficiente a settori in cui stanno aumentando la propria esposizione.
Quest’anno presentiamo un gruppo di trend emergenti, mentre gli investitori cercano nuove fonti di rendimento e nuovi approcci per raggiungere i propri obiettivi. Il passaggio verso i mercati privati si sta intensificando, con implicazioni sia per le dimensioni che per il profilo di liquidità delle allocazioni nell’obbligazionario pubblico. Gli investitori si dimostrano inoltre interessati a nuovi approcci sistematici sui mercati obbligazionari.
Nel complesso, questi cambiamenti indicano non solo dove si trova oggi l’obbligazionario, ma anche dove si sta dirigendo e come gli investitori a livello globale lo implementeranno nel prossimo futuro.
L’indagine sull’obbligazionario 2022 di State Street Global Advisors ha sondato l’opinione dei principali investitori di tutto il mondo per capire meglio dove si trova e dove si sta dirigendo il mercato dell’obbligazionario. L’indagine qualitativa e quantitativa è stata condotta a metà del 2022 ed è stata gestita da una società esterna indipendente non affiliata a State Street Global Advisors. State Street Global Advisors è lo sponsor dello studio. All’ indagine hanno partecipato 700 investitori istituzionali globali responsabili delle decisioni di asset allocation per i principali fondi pensione, gestori patrimoniali, asset manager, endowments, fondazioni e fondi sovrani.
Che sia trainato dal rischio, dalle regolamentazioni o dalle opportunità, l’ESG sta salendo in cima alle agende degli investitori per quanto riguarda l’obbligazionario. In termini di approccio ESG, ci sono dei chiari vincitori.
Nonostante il contesto di mercato, a emergere come priorità principale degli investitori istituzionali a livello globale è l’ESG, e non la gestione degli effetti dell’inflazione e del rialzo dei tassi d’interesse. Ben più di un terzo (39%) degli intervistati afferma che l’integrazione delle considerazioni ESG è la priorità più importante da affrontare nelle proprie allocazioni nell’obbligazionario nei prossimi 12 mesi. La gestione degli effetti dell’inflazione e del rialzo dei tassi d’interesse è stata scelta dal 34% degli intervistati.
Si è riscontrata una certa variabilità geografica (Figura 2). Tra gli intervistati nell’area APAC, il 36% ha scelto l’integrazione delle considerazioni ESG, considerandole una priorità pari a quella di produrre rendimenti di portafoglio più elevati (opzione che ha ottenuto anche il 36%). Tra gli intervistati nordamericani, con il 44%, la tematica ESG è risultata superiore a quella degli intervistati EMEA (38%) e nettamente superiore alla seconda priorità dei nordamericani, ovvero fornire maggiore liquidità di portafoglio (34%). Anche se forse è controintuitivo, la maggiore priorità attribuita all’ESG in Nord America può essere attribuita al fatto che gli intervistati nell’area EMEA hanno già fatto di più in termini di integrazione ESG.
Figura 2: gli intervistati nordamericani stanno recuperando terreno nel dare priorità all’integrazione ESG?
Ripartizione regionale: percentuale di intervistati che considerano l’integrazione ESG una priorità assoluta
Nord America
EMEA
APAC
Le due priorità più citate per quanto riguarda l’integrazione dell’ESG in un portafoglio obbligazionario riguardano la definizione dei principi di base dell’integrazione dell’ESG (Figura 3). Garantire che tutte le strategie obbligazionarie soddisfino i criteri ESG stabiliti nel contesto della propria policy (36%) è stata scelta più spesso come priorità assoluta. L’impegno per la creazione di tali politiche (ovvero lo sviluppo di un framework di policy ESG interno) segue a ruota, con il 30%.
Altri investitori sembrano aver superato la fase di creazione di una policy di base per perseguire invece gli obiettivi ESG definiti in un framework più ampio. Tra questi, non sorprende che gli investitori siano interessati a perseguire strategie di riduzione delle emissioni di CO2 in risposta a considerazioni di carattere climatico (il 28% lo cita come una delle priorità più importanti). Inoltre, i fattori ambientali, che comprendono il clima e altre considerazioni come la biodiversità, sono una priorità assoluta per il 25% degli intervistati.
Gli eventi recenti, tra cui la guerra in Ucraina e la pandemia in corso, hanno attirato l’attenzione anche sulla dimensione sociale dell’ESG (20%). È interessante notare che il 28% degli intervistati dichiara di essere interessato a trovare fonti di alpha attraverso l’ESG e che il 27% considera l’impact investing una priorità importante.
La Figura 4 mostra le cifre date alle priorità dell’incorporazione dell’ESG a livello regionale. Vediamo che, in generale, garantire che tutte le strategie obbligazionarie si allineino ai criteri ESG nei loro framework è la priorità assoluta. NA ed EMEA condividono la seconda priorità dello sviluppo di un framework di policy ESG interno (rispettivamente 32% e 30%), mentre per la regione APAC la seconda priorità è l’aumento delle allocazioni in investimenti ad impatto (31%).
Quasi la metà degli investitori ha integrato i fattori ESG all’interno delle obbligazioni high yield (47%); ciò è completamente razionale in quanto gli indici high yield tendono ad essere legati ai settori ad alto contenuto di carbonio. Anche il credito investment-grade (44%), il debito dei mercati emergenti e i titoli sovrani (ciascuno al 41%) stanno facendo buoni progressi, ma il debito cartolarizzato (27%) continua a rappresentare una sfida (Figura 5).
Per quanto riguarda l’approccio preferito all’integrazione ESG, l’allineamento all’Accordo di Parigi si è finalmente cristallizzato come tendenza di punta. Si tratta dell’approccio ampiamente dominante: il 46% degli intervistati cerca di confrontare i portafogli con benchmark allineati all’Accordo di Parigi, cosa che si spiega facilmente dato l’interesse degli intervistati a dare priorità al clima e alla riduzione delle emissioni di CO2 nei propri portafogli obbligazionari. Anche i target della transizione basati sulla scienza (34%), il tilting ESG (34%) e l’approccio best-in-class (33%) continuano a figurare tra gli approcci preferiti (Figura 6).
“Abbiamo un programma estremamente ampio per fissare i paletti a questo proposito [l’allineamento all’Accordo di Parigi]. Abbiamo iniziato sviluppando report per ogni asset class per capire: “Cosa fate per implementare l’allineamento all’Accordo di Parigi?” Poi dobbiamo misurarlo. Poi dobbiamo muoverci in tale direzione. E alcune asset class sono più avanti di altre in termini di dati.”
— Managing Director Fixed Income, European Pension Provider
L’approccio attivo continua a dominare l’obbligazionario, ma il suo primato viene eroso dalle esigenze degli investitori, dalle pressioni sulle commissioni e dall’evoluzione del mercato. Le allocazioni stanno cambiando e, per molti, all’ordine del giorno c’è un approccio equilibrato.
Negli ultimi anni l’indicizzazione dell’obbligazionario si è sviluppata enormemente in termini di sofisticazione, portata e risultati. La capacità dell’indicizzazione di catturare l’intero potenziale di rendimento anche delle esposizioni obbligazionarie più complesse, in modo estremamente conveniente, significa che la gestione attiva non è più la scelta predefinita per gli investitori nell’obbligazionario. Gli shock di mercato legati alla pandemia hanno messo in luce la miriade di rischi insiti nelle strategie attive, che potrebbero essere risolti solo da interventi su larga scala da parte dei responsabili politici. Ciò ha accelerato la necessità di incorporare gli approcci basati sull’indicizzazione accanto a quelli attivi.
La volatilità del mercato, nettamente presente nel periodo della nostra indagine, è spesso percepita come un’opportunità potenziale per l’investimento attivo e un motore per una maggiore adozione di strategie attive. Tuttavia, i risultati della nostra indagine indicano che gli investitori mantengono le loro strategie indicizzate.
Tradizionalmente, le strategie attive hanno prevalso nell’obbligazionario e continuano a dominare i portafogli. Va però ricordato che i primi cambiamenti visti nei sondaggi precedenti1 stanno continuando. Attualmente, oltre un terzo (37%) degli intervistati dichiara che più del 20% del proprio portafoglio è allocato in strategie indicizzate e il 7% degli intervistati dichiara che oltre il 30% del proprio portafoglio è allocato in strategie indicizzate (Figura 7).
Figura 7: Gli investitori mostrano un interesse costante per l’obbligazionario indicizzato.
Quale percentuale del portafoglio obbligazionario del vostro istituto è allocata a strategie indicizzate?
Fonte: State Street Global Advisors. Domanda: come valutate la propensione del vostro istituto a utilizzare strategie sistematiche nei seguenti segmenti dell’obbligazionario nei prossimi 12 mesi? Percentuale degli intervistati che hanno selezionato “molto forte” o “abbastanza forte.” Nota: gli intervistati potevano selezionare una sola risposta per ogni settore. n=700.
... Il 57% dei maggiori investitori (AUM 10+ mld USD) ha più di un quinto del proprio portafoglio allocato a strategie indicizzate
Complessivamente, il 37% degli investitori ha più di un quinto del proprio portafoglio allocato su indici e tra gli investitori maggiori, quelli con AUM superiori a 10 miliardi di dollari, questa percentuale sale al 57%. Quanto più grande è l’investitore, tanto maggiore è la preferenza per l’indicizzazione, il che porta alla domanda: si tratta di un indicatore della direzione futura del mercato in generale?
Le risposte all’indagine rivelano che gli investitori istituzionali sono sotto pressione per fare un migliore uso delle loro risorse, comprese le commissioni. Il 46% di tutti gli intervistati, ad esempio, concorda sul fatto di essere “sotto pressione per fare un uso più efficiente delle commissioni” nell’obbligazionario. Analogamente, il 45% concorda sul fatto che le proprie risorse per la gestione dell’obbligazionario sono “molto limitate.” Gli intervistati che cercano di aumentare la loro allocazione all’obbligazionario indicizzato sono particolarmente propensi a concordare sul fatto che sono sottoposti a pressioni sulle commissioni e a limitazioni delle risorse (Figura 8).
È probabile che le allocazioni rimangano piuttosto stabili nei prossimi 12 mesi. Infatti, ben il 76% degli intervistati non prevede di apportare modifiche significative al proprio equilibrio tra strategie attive e indicizzate. Tra coloro che prevedono un cambiamento, un numero maggiore di persone aumenterà significativamente la propria allocazione complessiva nell’obbligazionario a favore dell’indicizzazione (14%) rispetto all’approccio attivo (10%) (Figura 9).
Nelle risposte aperte, coloro che optano per un’allocazione agli indici affermano di farlo per migliorare la trasparenza della performance, l’efficienza e l’efficacia in termini di costi. Anche le considerazioni ESG sono state citate come fattore decisionale.
Quali sono i fattori decisionali che determinano l’aumento delle allocazioni verso investimenti indicizzati?
"Trasparenza della performance" —Intervistato proveniente da Fondazione Statunitense |
"Efficienza ed economicità" —Intervistato proveniente da Endowment Statunitense |
"Ottenere un ingresso anticipato nell’ESG" —Intervistato proveniente da Fondo pensione del Regno Unito |
Fonte: State Street Global Advisors. Percentuale di intervistati. Nota: Gli intervistati potevano selezionare una sola risposta e avevano la possibilità di indicare il motivo dei cambiamenti previsti in una risposta aperta. n=643.
Per quanto riguarda gli intervistati che prevedono di aumentare le allocazioni nell’obbligazionario, la maggior parte prevede di utilizzare l’obbligazionario indicizzato, attraverso una combinazione bilanciata di indici e strategie attive o attraverso apposite strategie indicizzate, per costruire le proprie esposizioni in ogni settore. Gli intervistati sono particolarmente propensi a includere approcci indicizzati quando costruiscono esposizioni alle obbligazioni indicizzate all’inflazione (Figura 10).
Figura 10: Le strategie indicizzate svolgeranno probabilmente un ruolo chiave nella costruzione di esposizioni trasversali ai settori
Per i settori dell’obbligazionario verso i quali intendete aumentare le allocazioni nei prossimi 12 mesi, come intendete costruire la vostra esposizione?
Fonte: State Street Global Advisors. Percentuale di intervistati. Nota: gli intervistati potevano selezionare una risposta per ogni settore; le risposte “non applicabile” sono state omesse. n=636.
Di fronte a un contesto complesso, gli investitori stanno prendendo maggiormente in considerazione fonti di rendimento alternative. Questa ricerca cambia il modo in cui vengono considerati i settori tradizionali, aggiunge il rischio di liquidità all’equazione, sostiene l’ascesa delle strategie sistematiche e può persino sconvolgere alcune preferenze di lunga data per gli approcci attivi.
In considerazione delle condizioni di mercato, gli investitori sono alla ricerca di allocazioni che li aiutino a contrastare l’inflazione e a sfruttare meglio le opportunità disponibili nella loro ricerca di rendimento. Di conseguenza, molti investitori intendono esplorare maggiormente altre tipologie di investimento.
Nella misura in cui prevedono di ridurre i titoli del debito pubblico a favore di classi alternative, il credito privato potrebbe non essere più la destinazione alternativa preferita. I prestiti bancari sono richiesti dagli investitori che reagiscono ad un contesto di rialzo dei tassi d’interesse e valutano la duration del loro portafoglio: il 51% degli intervistati prevede di aumentare le allocazioni in questo settore, il più alto in assoluto (Figura 11).
Per ragioni ovvie in un contesto inflazionistico, anche le obbligazioni indicizzate all’inflazione (42%) sono uno dei settori preferiti per una maggiore allocazione. Altri settori presentano un quadro più sfaccettato. Ad esempio, sebbene il numero di intervistati che aumentano l’esposizione al debito dei mercati emergenti (EMD) sia significativamente inferiore rispetto a quello registrato nel 2021 (42%), l’allocazione prevista all’EMD è piuttosto stabile tra tutti gli intervistati. Più di un terzo degli intervistati non prevede di modificare la propria allocazione all’EMD, mentre coloro che prevedono di aumentarla (28%) superano di poco coloro che prevedono di diminuirla (27%).
Figura 11: L’interesse è particolarmente vivo per i prestiti bancari e le obbligazioni indicizzate all’inflazione
Come pensate di adeguare le vostre allocazioni nei seguenti settori dell’obbligazionario nei prossimi 12 mesi, al fine di affrontare le vostre priorità più importanti?
Fonte: State Street Global Advisors. Percentuale di intervistati. Nota: gli intervistati potevano selezionare una sola risposta per ogni settore. n=700.
La tendenza verso le classi alternative continua, con circa un terzo degli investitori (31%) che negli ultimi 9 mesi ha scelto di ridurre le proprie allocazioni nell’obbligazionario a favore delle classi alternative e un ulteriore 29% che ha dichiarato di avere intenzione di volerlo fare nei prossimi 12 mesi (Figura 12). Coloro che cercano rendimenti nelle classi alternative sono più numerosi di coloro che evitano il rischio e prediligono la liquidità.
“In termini di asset allocation, se si guarda alla velocità di decisione dei fondi pensione, questa è molto lenta e il percorso verso altre allocazioni al mercato privato è stato ormai avviato. È probabile che questa situazione si protragga almeno per i prossimi cinque anni: non vedo un’ inversione di tendenza verso gli attivi del mercato pubblico tradizionale.”
— Investment Manager, Gestore Patrimoniale Europeo
Allo stesso tempo, l’indagine fa pensare a un ruolo duraturo e costante dei titoli del debito pubblico nei portafogli istituzionali. Mentre solo il 14% degli intervistati a livello globale ha aumentato le proprie allocazioni all’obbligazionario negli ultimi nove mesi, un numero maggiore di intervistati (19%) dichiara di avere intenzione di aumentare le allocazioni nel corso del prossimo anno. A livello regionale, negli Stati Uniti il 23% degli intervistati dichiara che aumenterà le allocazioni nell’obbligazionario nei prossimi 12 mesi, mentre nella regione EMEA lo farà il 18% e nell’APAC il 14%.
Anche se le correlazioni previste dagli investitori tra azioni e obbligazionario a volte crollano in contesti inflazionistici come quello attuale, e nonostante le flessioni storiche dei mercati obbligazionari, i risultati dell’indagine mostrano che gli investitori istituzionali hanno una visione di lungo periodo e continueranno ad allocare ai titoli del debito pubblico.
Le prospettive per i mercati emergenti (EM) rimangono molto incerte in quanto strettamente legate all’evoluzione e all’esito della guerra tra Russia e Ucraina, che sta avendo un impatto ad ampio raggio sui mercati globali, piuttosto che solo sui Paesi direttamente coinvolti. L’effetto netto è stato un aumento dell’inflazione e una riduzione della crescita, con la possibilità di ulteriori shock sui mercati delle materie prime. Ciò sta alimentando ulteriormente l’inflazione e sta esercitando una pressione al ribasso sulla crescita.
Sebbene l’intensificarsi delle difficoltà macroeconomiche e il rischio geopolitico abbiano soffocato la domanda di debito dei mercati emergenti (EMD) nel 2022, anche in questa tempesta perfetta ci sono alcuni lati positivi per questi strumenti finanziari. Sia la valuta locale (LC) che la valuta forte (HC) dell’EMD offrono valori migliori rispetto al passato. Per gli investitori disposti a convivere con la volatilità a breve termine, il momento attuale potrebbe rappresentare un buon punto di ingresso su questa tipologia di strumenti finanziari. Inoltre, i rendimenti a livello di indice sia per la LC che per la HC dell’EMD sono ai livelli più alti degli ultimi dieci anni, rendendo questi strumenti potenzialmente interessante per gli investitori alla ricerca di rendimento.
Più dell’80% degli investitori ha aumentato la propria esposizione al credito privato negli ultimi tre anni. Negli ultimi tre anni gli investitori hanno ampiamente finanziato le allocazioni al credito privato con i titoli del debito pubblico: obbligazioni governative (37%), credito corporate investment-grade e high yield (36% e 35%), debito dei mercati emergenti (34%) e liquidità (33%). Con il 29%, i titoli azionari quotati sono stati i meno interessati (Figura 13).
“Se si fa correttamente, si può avere un obbligazionario che sovraperforma nei mercati in ribasso. Così ora possiamo finanziare altre strategie in ambito azionario, small cap, large cap, internazionale, come il nostro comitato d’investimento ritiene opportuno.”
— Gestore obbligazionario, Asset Owner statunitense
A livello regionale si è registrata una certa differenziazione. La principale fonte di riallocazione per il Nord America è stata la liquidità (53%), mentre per l’APAC il credito privato è stato finanziato prevalentemente da obbligazioni governative (56%). Nell’area EMEA, la fonte principale delle riallocazioni è stato il credito corporate investment-grade (41%) (Figura 14).
Figura 14: Suddivisione regionale: principali fonti di riallocazione
In che modo gli investitori hanno rifinanziato le riallocazioni?
Obbligazioni governative
Liquidità
Corporate Investment Grade
Mentre un tempo gli investitori potevano contare su un’allocazione relativamente semplice dell’obbligazionario per raggiungere i loro obiettivi di rendimento e di rischio, molti di loro si sono ora invece orientati verso un paniere più ampio di strumenti, compreso il credito privato. Molti di questi strumenti, come il credito privato, offrono una liquidità decisamente inferiore rispetto a una combinazione più convenzionale di obbligazionario, liquidità e azioni. Gli investitori stanno quindi abbinando sempre più spesso le allocazioni al credito privato con strumenti obbligazionari più liquidi e/o adattando l’obbligazionario core a scopo di compensazione.
Per far fronte all’aumento del rischio di liquidità delle allocazioni alternative si stanno adottando diversi approcci: alcuni investitori abbinano le allocazioni al credito privato a quelle ad alto rendimento (52%) e alla liquidità (47%), mentre altri si concentrano su allocazioni core di qualità superiore e più liquide (51%) (Figura 15). Non sembra esistere un unico approccio preferito, ma i risultati dell’indagine dimostrano che gli investitori stanno riconoscendo e affrontando l’aumento del rischio di liquidità.
Come molti settori dell’obbligazionario, i mercati dell’high yield globale sono stati duramente colpiti quest’anno,2 inizialmente dal rapido aumento dei rendimenti dei Treasury e, più di recente, dal rapido aumento degli spread creditizi.3 Riteniamo che, agli attuali livelli di valutazione, sia stato creato un cuscinetto significativo per gli investitori, che potrebbe servire a compensare gran parte dell’impatto del previsto aumento del ciclo di default del credito in futuro e anche qualsiasi ulteriore impatto derivante da un ulteriore ampliamento degli spread.
Nell’eventualità di una recessione tecnica più breve e meno profonda del solito, vale a dire con default che raggiungerà al massimo il 3-5%, è probabile che gli investitori che negli ultimi anni non sono stati disposti ad allocare all’high yield (a parità di prezzo in termini di dollari, con spread stretti di 300 punti base e rendimenti all-in del 4%) potranno vedere un quadro completamente diverso, che può tradursi in una rara opportunità di impiegare il capitale con forti rendimenti attesi a breve termine. In base alla valutazione dei rischi, le nuove allocazioni all’high yield globale appaiono interessanti.
“In pratica ciò significa che siamo cresciuti meno in altre classe di attività illiquide come le infrastrutture, dove è stato molto più difficile trovare nuovi progetti. Abbiamo dovuto trovare un equilibrio su dove reinvestire. Pertanto, negli ultimi due anni abbiamo puntato maggiormente sul credito privato rispetto ad altre classi di attività alternative.”
— Investment Manager, Gestore Patrimoniale Europeo
All’orizzonte, e forse in definitiva minacciando il tradizionale predominio degli approcci attivi, gli investitori stanno mostrando un certo interesse nei nuovi approcci basati sui dati per l’obbligazionario attraverso strategie sistematiche (ai fini della presente indagine, le strategie sistematiche sono state definite come strategie di investimento basate su un portafoglio diversificato, costruite su decisioni ripetibili, basate su dati e fattori, in un contesto di rischio controllato.)
Gli investitori sembrano riconoscere che l’evoluzione delle negoziazioni sull’obbligazionario verso una maggiore digitalizzazione potrebbe erodere l’opportunità degli approcci attivi. Il 43% degli intervistati a livello globale concorda con l’affermazione che “La crescente efficienza dei mercati obbligazionari sta riducendo la capacità dei gestori attivi di aggiungere valore attraverso la selezione dei titoli”4 È particolarmente probabile che i maggiori investitori esprimano una forte propensione per le strategie sistematiche obbligazionarie (Figura 16). Tra i vari settori, gli investitori maggiori sono particolarmente interessati ad approcci sistematici al credito corporate investment grade e all’obbligazionario core.
La maggior parte degli investitori vede le strategie sistematiche come un sostituto della gestione attiva. Più della metà (59%) degli investitori che stanno esplorando le strategie sistematiche dichiara di volerle utilizzare per sostituire le strategie attive esistenti. Un quarto (25%) degli intervistati dichiara di volerle utilizzare per integrare, piuttosto che sostituire, le strategie indicizzate e attive esistenti. Solo il 16% dichiara di volerle utilizzare per sostituire le strategie indicizzate (Figura 17).
Figura 17: La maggior parte degli investitori vede le strategie sistematiche come un sostituto della gestione attiva
Per i settori dell’obbligazionario in cui avete intenzione di aumentare l’uso di strategie sistematiche, quale delle seguenti descrizioni illustra meglio il ruolo che volete che svolgano?
Fonte: State Street Global Advisors. Percentuale di intervistati. Nota: gli intervistati potevano selezionare tutte le opzioni applicabili. n=700.
“Le strategie sistematiche, se ben costruite e ben gestite, con un’adeguata
gestione del portafoglio e adeguati parametri di rischio, aggiungeranno valore nell’arco del periodo
di performance che consideriamo. Che durerà tre anni. Possono essere una buona fonte
diversificata di alpha.”
— Head of Fixed Income, Australian Pension Provider
È chiaro che per l’obbligazionario è in atto un cambiamento, non solo nelle modalità di transazione, ma anche negli investimenti e nella loro finalità centrale.
Che cosa significano per gli investitori le tre conclusioni chiave della nostra indagine e quali misure dovrebbero adottare per mantenere l’efficienza dei loro portafogli?
La nostra indagine mostra che l’ESG ha attualmente la precedenza anche su eventi geopolitici ed altri fattori di rischio, come l’inflazione e le decisioni delle banche centrali. Data la sua importanza e la sua costante traiettoria di crescita, riteniamo che tutti gli investitori nell’obbligazionario debbano avere un piano d’investimento che rifletta i loro valori, target e obiettivi ESG di lungo termine.
Il clima è, nel prossimo futuro, l’argomento più importante nell’ambito dell’ESG. Pertanto è fondamentale che gli investitori stabiliscano come riflettere gli obiettivi legati al clima, sia nelle decisioni di allocazione che in quelle di selezione e inclusione.
Lo spostamento di massa verso l’allineamento all’Accordo di Parigi rappresenta un punto di partenza per gli investitori affinché inizino le loro discussioni sull’integrazione ESG. Man mano che un maggior numero di investitori si doterà di un quadro di riferimento sul clima per guidare la propria politica di investimento, ci aspettiamo di assistere a un ulteriore consolidamento in questo ambito.
L’approccio attivo rimane quello preferito per gran parte dell’obbligazionario, ma la nostra indagine mostra un chiaro movimento verso un uso crescente degli approcci indicizzati. Riteniamo che ci sia spazio per entrambi gli approcci e che la decisione debba essere presa in base ai vantaggi offerti da ciascuno di essi, a seconda delle circostanze.
Gli investitori devono valutare le risorse coinvolte nella selezione e nella supervisione continua della gestione attiva e il modo in cui questi gestori si abbinano ad altri nella loro selezione e alle opzioni di indicizzazione disponibili. Ci si dovrebbe chiedere se vi sia davvero un vantaggio a lungo termine nell’uso esclusivo degli approcci attivi. Vediamo un certo numero di grandi aziende e di team multi-asset che utilizzano gli approcci indicizzati sia in via esclusiva sia in combinazione con un uso giudizioso degli approcci attivi.
Laddove le risorse per la supervisione o le commissioni sono limitate, il ricorso all’indicizzazione può aiutare a finanziare (con tempo o denaro) le idee attive più convincenti. Nei casi in cui il fattore chiave delle allocazioni settoriali risulti invece il rendimento, come nel caso del debito dei mercati emergenti o dell’high yield, l’indicizzazione è un modo ancora più importante per sfruttare in modo efficiente questo potenziale di rendimento.
Gli investitori mirano sempre più ad allocazioni che aiutino a contrastare l’inflazione. Stanno ampliando la ricerca di opportunità di rendimento al di là di quelle tradizionali. In definitiva, un numero crescente di investitori sta esplorando strumenti di investimento alternativi.
La ricerca di fonti di rendimento differenziate ha diversi effetti sui portafogli obbligazionari. Ad esempio, la mancanza di liquidità e trasparenza negli asset privati può limitare l’analisi e ostacolare le allocazioni. Riteniamo che possa avere senso associare gli asset privati a esposizioni ad asset liquidi quotati in borsa, come l’high yield, per aiutare a gestire le allocazioni e i flussi.
In termini di nuovi approcci, osserviamo che gli investitori maggiori stanno guidando la domanda di strategie sistematiche obbligazionarie basate sui dati, che combinano un’esposizione a basso costo e con ampie classi di attività con driver di alpha diversificati (dalla maggior parte dei fondamentali) basati sui fattori.
Degno di nota è il fatto che, nella mente di molti degli intervistati, questo approccio sia considerato sistematicamente come un sostituto dell’approccio attivo, il che forse segnala un imminente scossone in alcune delle ipotesi fondamentali dell’obbligazionario.
Ulteriori informazioni sugli investimenti obbligazionari di State Street Global Advisors.