La combinazione dell’aumento dell’inflazione e dell’indebolimento della crescita è problematica e richiede attenzione da parte degli investitori. Mentre le banche centrali accelerano la normalizzazione della politica monetaria, i rischi di recessione aumentano, richiedendo un posizionamento di portafoglio più prudente.
Visti gli eventi geopolitici, di politica monetaria e del mercato degli ultimi mesi, non sorprende che le nostre prospettive di mercato siano cambiate rispetto alle opinioni espresse nel nostro Global Market Outlook 2022 (pubblicato lo scorso dicembre). Questo aggiornamento riassume le nostre riflessioni più recenti, incluse le nostre attuali prospettive macroeconomiche e geopolitiche, nonché le prospettive di mercato per le varie asset class.
Per i prossimi mesi del 2022, la parte restante di quest’anno, siamo particolarmente sensibili al rischio che la forte ripresa alimentata dalle riaperture ceda il passo a un marcato rallentamento causato da un inasprimento aggressivo. In questo scenario incerto, queste sono le nostre principali conclusioni:
Il contesto economico globale è diventato molto più instabile dopo l’invasione russa dell’Ucraina. Questo potente shock stagflazionistico compromette l’equilibrio della politica monetaria per quasi tutte le banche centrali, in bilico tra la prospettiva di rallentamento della crescita e quella di aumento dell’inflazione. Abbiamo ridotto le previsioni di crescita globale di un intero punto percentuale, fino al 3,6%, e riteniamo che prevalgano i rischi di ribasso. Al contempo, le previsioni d’inflazione, già riviste al rialzo, probabilmente richiederanno un ulteriore aumento della percentuale..
Mentre la prima impennata dell’inflazione è stata generata da una combinazione di fattori dal lato della domanda e dell’offerta, quest’ultimo impulso inflazionistico è interamente alimentato dall’offerta. Sebbene le banche centrali stiano opportunamente avviando o accelerando i rialzi dei tassi nel tentativo di adeguare la politica monetaria agli indicatori dell’occupazione e dei prezzi, non possiamo non provare un certo nervosismo per quella che potrebbe rivelarsi una valutazione eccessivamente aggressiva dei rialzi dei tassi da parte del mercato. Ci preoccupa uno scenario di forte crescita seguita da una repentina contrazione (ciclo “boom-bust”) causato da un inasprimento che potrebbe essere eccessivo e tardivo, a questo; preferiremmo un percorso più graduale. Crediamo che le condizioni della domanda si indeboliranno più visibilmente nei prossimi mesi e che anche il rallentamento dell’inflazione, ritardato ma non arrestato dalla guerra tra Russia e Ucraina, a breve diventerà più evidente e potrà fornire un’opportunità di ricalibrare il futuro andamento dei tassi.
È anche importante ricordare che, nonostante i tentativi di rallentamento della crescita, i consumatori in molti mercati sviluppati dispongono ancora di notevoli eccedenze di risparmio. Questo è il motivo per cui non abbiamo ridotto troppo drasticamente le nostre previsioni sulla crescita europea del 2022, Riteniamo che il 2023 potrebbe rivelarsi più problematico in termini di crescita, con l’assottigliamento dei margini di risparmio, l’evoluzione del ciclo delle scorte e l’ulteriore inasprimento di una politica monetaria già restrittiva.
— Simona Mocuta, Chief Economist
La guerra tra Russia e Ucraina è il terzo shock all’ordine economico globale negli ultimi cinque anni. Dopo le guerre commerciali di Trump e la pandemia di COVID-19, la guerra indebolisce ulteriormente il modello esistente del commercio globale e dell’integrazione dei capitali. La corsa frenetica verso la globalizzazione si è arrestata dopo il 2008, ma nei prossimi anni assisteremo a cambiamenti più marcati, con l’abbandono delle catene di approvvigionamento globale che privilegiano solo l’efficienza. Al contrario, numerosi settori oltre alla tecnologia (dopo le guerre commerciali del 2018) e all’assistenza sanitaria (dopo la pandemia del 2020) ora daranno maggiore importanza all’affidabilità. Questi cambiamenti potrebbero provocare un aumento dei costi medi di produzione, ma anche un aumento della quota del reddito da lavoro trattenuto nelle economie sviluppate. Per alcuni mercati emergenti votati all’esportazione, potrebbe significare anche un percorso più difficile verso la convergenza economica, dato che i guadagni in termini di produttività dovrebbero dipendere in misura maggiore dalle riforme interne piuttosto che da capitale e know-how stranieri.
Inoltre, ci sono altri effetti a livello regionale che meritano di essere segnalati. In primo luogo, lo shock congiunto dei prezzi energetici e agricoli porterà a un peggioramento delle bilance commerciali con l’estero per i grandi Paesi importatori dei mercati emergenti e di frontiera, che in alcuni casi potrebbe essere politicamente destabilizzante: il default del debito dello Sri Lanka probabilmente è solo la prima tessera del domino a cadere. Geopoliticamente, la guerra tra Russia e Ucraina riduce i rischi di altri conflitti a breve termine, specialmente nello stretto di Taiwan. In Europa, il rilancio della spesa per la difesa sarà importante, dati i bassi livelli di investimenti pubblici dei principali Paesi meno orientati alle spese militari (Germania e Italia), quindi la fine del “peace dividend” potrebbe effettivamente stimolare in qualche misura la crescita. Infine, la guerra tra Russia e Ucraina e le pesanti sanzioni finanziarie promosse dagli Stati Uniti hanno sollevato dubbi sulla durata dell’ordine monetario dollaro-centrico. A nostro avviso, questi dubbi sono infondati finché i grandi accumulatori di surplus non intraprenderanno riforme strutturali per ridurre i loro surplus e la concomitante domanda di asset finanziari nel mondo sviluppato.
— Elliot Hentov, Ph.D, Head of Policy Research
Continuiamo a privilegiare le azioni che abbiamo indicato nel nostro scenario di base del 2022. I premi al rischio azionario, che sono aumentati in tutti i mercati all’inizio della guerra tra Russia e Ucraina, rimangono superiori alla media di lungo termine. Mentre ci avvicinavamo al 2022, la nostra opinione a proposito delle azioni era positiva, in considerazione dei fondamentali solidi; ora, dopo la favorevole stagione di aggiornamenti sugli utili, generalmente nei mercati sviluppati, crediamo che un sovrappeso sulle azioni continui ad essere giustificato.
Tuttavia, riteniamo anche che occorra prudenza e che gli investitori debbano individuare opportunità “relative value” in tutto il panorama azionario. Nel nostro outlook precedente avevamo previsto che il mondo avrebbe cercato di seguire la scia degli Stati Uniti man mano che si producevano gli effetti economici delle riaperture delle attività. Avevamo anche previsto uno stimolo proveniente dalle misure fiscali espansive in Cina. Tuttavia, la guerra tra Russia e Ucraina ha cambiato il panorama degli investimenti globali, direttamente e indirettamente. L’elevata volatilità dei mercati azionari, influenzata in particolare dall’aumento dei prezzi delle materie prime, probabilmente proseguirà. Continuiamo a prevedere una pressione sul mercato azionario europeo generata dal fatto che il pieno effetto dei prezzi dell’energia e di altre forze inflazionistiche si ripercuote sugli utili aziendali.
Se la guerra continuerà per un periodo prolungato, probabilmente le attività di rischio ne subiranno le conseguenze. Per questo motivo, anche se sta emergendo chiaramente valore nel mercato azionario europeo, dobbiamo rimandare il giudizio finché non vedremo avvicinarsi la fine della guerra. Attualmente preferiamo le azioni statunitensi, meno esposte alla guerra e ai suoi effetti.
Infine, dato che tutte le attività di rischio risentono in qualche misura sia della guerra che delle forze inflazionistiche, rimaniamo orientati verso gli attivi di qualità, con l’aspettativa che le aziende di qualità siano in grado di trasferire gli aumenti dei prezzi e mantenere i loro margini più efficacemente rispetto alle altre società.
— Gaurav Mallik, Chief Investment Strategist
Sembra chiaro che la Federal Reserve statunitense sia intenzionata a contrastare l’inflazione e, di conseguenza, che gli operatori di mercato stiano aumentando le aspettative di rialzo dei tassi. Certo, i fondamentali rimangono positivi, con utili aziendali consistenti e bilanci solidi per il credito alle aziende e ai consumatori, ma le banche centrali di tutto il mondo si apprestano a drenare liquidità dal mercato con un ritmo rapido, in un momento in cui la crescita sta già rallentando. Sembra che l’unico modo in cui la Fed possa architettare un atterraggio morbido a questo punto sia nel caso in cui l’inflazione rallenti velocemente, permettendo alla Fed di moderare la frenata. Sebbene l’inflazione abbia probabilmente raggiunto il picco a marzo di quest’anno, non è ancora chiaro se rallenterà in misura sufficiente per dare alla Fed il tempo di cui ha bisogno. Il segmento 2-10 anni della curva si è invertito brevemente nel mese di aprile, ma poi ha recuperato tornando in territorio positivo, e il segmento 3 mesi-10 anni rimane molto ripido. Allo stesso tempo, le questioni geopolitiche rimangono in primo piano e hanno contribuito al sentiment negativo. Quindi dobbiamo solo nutrire qualche timore riguardo la crescita o dobbiamo aspettarci una recessione in un futuro non troppo lontano? E quali sono le implicazioni per il posizionamento del portafoglio?
La nostra analisi degli scenari indica una maggiore probabilità per lo scenario della recessione rispetto a quello dell’atterraggio morbido, ma i tempi, la profondità e la durata rimangono questioni aperte. Nella struttura a termine dei tassi d’interesse si è accumulato valore, ma per il momento non è sufficiente per compensare la dinamica negativa e i timori inflazionistici. Inoltre, benché gli spread di credito si siano ampliati per riflettere alcuni dei problemi sopra indicati, a questo punto non sono ancora abbastanza ampi e in uno scenario di recessione continuerebbero ad ampliarsi. Per questi motivi, rimaniamo conservativi su entrambi i fronti e ci concentriamo sulla tempistica del cambiamento.
— Matthew Nest, CFA, Head of Active Global Fixed Income
Le materie prime stanno registrando il più forte rialzo in oltre 30 anni, con guadagni su vasta scala nei settori dell’energia, dei metalli e dell’agricoltura. Prevediamo che i prezzi delle materie prime rimarranno elevati per tutto l’anno, dato che il mercato rialzista strutturale è sostenuto da una modesta capacità inutilizzata e da squilibri tra domanda e offerta che risultano difficili da eliminare.
Dalla fine del 2020, l’Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio e i suoi alleati (OPEC+) hanno spinto i prezzi al rialzo riducendo le scorte globali di petrolio greggio di oltre 700 milioni di barili, ossia riportando le scorte complessive ai minimi dal 2014. La guerra tra Russia e Ucraina ha evidenziato ulteriormente l’influenza globale della Russia in ambito energetico, facendo constatare che le sue esportazioni di petrolio greggio e gas naturale non possono essere sostituite facilmente (a causa della limitata capacità disponibile). L’Europa riceve circa un terzo delle sue forniture di gas naturale dalla Russia e le interruzioni in un mercato già sollecitato hanno creato le premesse per il continuo aumento dei prezzi a causa della difficile disponibilità di fonti energetiche alternative.
Le scorte di metalli industriali rimangono a livelli ridotti, soprattutto per rame e alluminio, le cui quantità sul mercato si sono ridotte a un ritmo che riflette la robusta domanda globale e l’attività industriale cinese (nonostante le recenti interruzioni dovute al COVID). Con l’implementazione delle sanzioni, i produttori globali hanno interrotto le relazioni commerciali con la Russia, creando così un ulteriore spinta al rialzo dei metalli a causa delle interruzioni nella fornitura. I metalli preziosi hanno prospettive migliori, dato che l’oro è stato favorito come copertura dell’inflazione e come bene rifugio; tuttavia, un aumento dei rendimenti reali potrebbe rappresentare un fattore negativo.
L’impennata della domanda globale di materie prime dopo i minimi della pandemia, insieme alle sfavorevoli condizioni climatiche, hanno portato ad un aumento significativo dei prezzi agricoli. Sia la Russia che l’Ucraina svolgono un ruolo importante nel rifornire il mondo di grano, mais e orzo, oltre che di componenti per i fertilizzanti usati dagli agricoltori a livello globale. Nei prossimi mesi tutte queste materie prime dovrebbero registrare un aumento dei prezzi.
A livello macroeconomico, il contesto attuale rimane favorevole per le materie prime, che storicamente hanno ottenuto buoni risultati durante i periodi di aumento dell’inflazione. Nelle precedenti fasi caratterizzate da inflazione, le materie prime hanno fornito una migliore protezione dall’aumento dei costi, offrendo vantaggi di diversificazione rispetto alle azioni e alle obbligazioni tradizionali.
I prezzi di tutte le materie prime sono a livelli elevati, quindi i timori sull’orientamento restrittivo della Fed e la distruzione della domanda inducono gli investitori a chiedersi se il rally può continuare. Siamo consapevoli che il percorso potrebbe essere accidentato. Il rischio geopolitico contribuirà ad aumentare la volatilità, in particolare per le materie prime per le quali Russia e Ucraina hanno una significativa dipendenza dalle esportazioni globali. Tuttavia, ci aspettiamo che i prezzi rimangano elevati per tutto il 2022, dato che il mercato rialzista strutturale delle materie prime rimane immutato.
— Michael Narkiewicz, Senior Portfolio Manager, Investment Solutions Group
— Robert Guiliano, Senior Portfolio Manager, Investment Solutions Group
Dopo l’invasione russa dell’Ucraina, le sfide per i mercati emergenti (EM) rimangono in gran parte le stesse. Le sfide esterne (globali) sono rappresentate da una minore liquidità, una riduzione del differenziale di crescita rispetto ai mercati sviluppati (MS), una crescita economica moderata e questioni geopolitiche. Le sfide interne (domestiche) includono il rallentamento della crescita, l’aumento dell’inflazione, gli ampi deficit fiscali, l’aumento dei livelli di debito e il ciclo elettorale/politico di quest’anno (specialmente in America Latina). Le sfide relativamente nuove sono rappresentate da uno scenario geopolitico mutato (guerra Russia-Ucraina, rischio Cina/Taiwan, tensione USA/Cina), interruzioni prolungate delle forniture legate alla pandemia, la politica cinese “Zero-COVID” e un aumento dei prezzi delle materie prime (specialmente alimenti e carburante). A ciò si aggiunga qualche incertezza dovuta al quadro normativo e al debole mercato immobiliare in Cina ed ecco questo insieme di sfide vecchie e nuove indica un ulteriore peggioramento delle prospettive di crescita per i mercati emergenti.
Tuttavia, a controbilanciare questo giudizio c’è il fatto che molti Paesi Emergenti in realtà si trovano in una condizione accettabile per resistere in un mondo con minore liquidità e maggiore incertezza. Molte banche centrali dei Paesi Emergenti hanno avviato un percorso di inasprimento della politica monetaria, molti Paesi Emergenti registrano un miglioramento dei saldi delle partite correnti e molte valute dei Mercati Emergenti sono sottovalutate rispetto ai livelli storici. Il posizionamento estero in molti mercati locali dei Paesi Emergenti non è eccessivo. Inoltre, i Paesi esportatori di materie prime stanno beneficiando degli aumenti dei prezzi, del miglioramento delle ragioni di scambio e della crescita economica.
Le valutazioni delle azioni dei Mercati Emergenti sembrano prezzare un certo rischio perché sono attualmente scambiate con uno sconto superiore al 30% rispetto alle azioni dei mercati sviluppati. Il P/E forward dell’MSCI EM di 11,3 è in linea con la sua media a lungo termine. Lo spread sull’indice del debito estero JPM EMBI GD, attualmente di 435 pb, è maggiore di 85 pb rispetto alla sua media decennale. Il rendimento del JPM GBI-EM GD, attualmente al 6,68%, è quasi 80 pb più alto della sua media decennale. Anche le valute dei mercati emergenti rimangono su livelli convenienti rispetto ai livelli storici e alle stime del fair value.
La politica "Zero-COVID" e la strategia di lockdown adottate dalla Cina rimangono un rischio per la crescita economica del Paese. Anche il settore immobiliare cinese rimane un rischio e continuerà a rallentare la crescita economica nel breve termine, rendendo difficile raggiungere l’obiettivo di crescita del PIL di “circa 5,5%” per il 2022. Per questo motivo, alla riunione economica trimestrale del 29 aprile, il Politburo cinese si è impegnato a intensificare gli stimoli per sostenere l’obiettivo di “crescita e sociale” per il 2022 (fissato a dicembre 2021) e ha promesso di “fare di tutto per espandere la domanda interna”. Ha annunciato inoltre il rafforzamento delle infrastrutture FAI1 e ha fugato i timori del mercato sul fronte dell’inasprimento normativo. Le preoccupazioni per la crescita in Cina di solito portano ad una pausa (o a un allentamento) dell’inasprimento normativo, che per ora sembra quindi avere raggiunto il picco.
Il 25 aprile la Banca Centrale Cinese (PBoC) ha ridotto il coefficiente di riserva obbligatoria (RRR) di 25 pb, portandolo all’11,25% in previsione del probabile impatto sulla crescita economica derivante dall’epidemia di Omicron di marzo e dai lockdown ancora in vigore. La riduzione del coefficiente, pur limitata, è un intervento di allentamento della politica monetaria che è stato accolto positivamente. Il vertice economico del Politburo segnala un chiaro incremento dello stimolo politico mirato e nel breve e medio termine dovrebbe permettere un significativo aumento dell’impulso creditizio in Cina (che aveva raggiunto il punto più basso durante la precedente svolta del Paese verso un allentamento graduale della politica). La ripresa della creazione di credito è un fattore positivo sia per le materie prime industriali che per le azioni dei mercati emergenti.
Le valutazioni delle azioni cinesi si sono mosse al ribasso nonostante una base di utili aziendali solida e in espansione: l’attuale P/E forward a 12 mesi è pari infatti a 9,7 (contro il 12,0 di aprile 2019). Si prevede che la crescita degli utili in Cina aumenti di oltre il 15% nel 2022 e di un ulteriore 15% nel 2023, nettamente meglio delle aspettative per l’MSCI EM (10% sia per il 2022 che per il 2023), dei mercati sviluppati nel complesso (10% per il 2022 e 8% per il 2023), degli Stati Uniti (poco meno del 10% per entrambi gli anni) e dell’Europa (10% per il 2022 e 5% per il 2023).
La stabilità, politica, economica e sociale, è fondamentale quest’anno per la Cina, poiché il presidente Xi punta ad assicurarsi un terzo mandato quinquennale al Congresso Nazionale del Partito che si terrà in autunno. Nella sua riunione del 29 aprile, il Politburo cinese ha ribadito che “le abitazioni servono a vivere, non a speculare”, ma ha comunque dato al governo locale una maggiore possibilità di agevolare le politiche immobiliari. Continuiamo a prevedere un allentamento graduale e mirato delle politiche per evitare ulteriori ribassi in questo settore. Ciononostante, è probabile che alcune società immobiliari saranno lasciate fallire, mentre quelle considerate di importanza sistemica probabilmente saranno salvate dal governo.
— Laura Ostrander, Emerging Markets Equity Portfolio Manager e Macro Strategist
— Aaron R Hurd, FRM, Senior Portfolio Manager, Valute